Il trauma, tra oblio e memoria

Il trauma, tra oblio e memoria

Il trauma, tra oblio e memoria

"Il terrore è uno shock, un istante di totale accecamento. Il terrore è privo di una qualsiasi traccia di bellezza. Noi non vediamo che la luce violenta dell'avvenimento sconosciuto."
(Milan Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere, 1984)


Guerre, bombardamenti, attacchi terroristici, stermini e abusi ma anche incidenti, terremoti, inondazioni, diagnosi di malattie: c'è un fil rouge che accomuna questi e altri tragici eventi, l'impatto sulla salute mentale delle vittime di coloro che, in qualche modo, sono sopravvissuti e quello delle persone vicine a coloro che non ce l'hanno fatta. Il disturbo da stress post traumatico (o PTSD secondo l'acronimo inglese Post Traumatic Stress Disorder) è una forma severa di disagio mentale che si manifesta a seguito di un'esperienza fortemente traumatica. Studiato dagli psichiatri e psicoanalisti a partire dal secondo conflitto mondiale e, successivamente alla guerra del Vietnam, attraverso i sintomi mostrati dai veterani di guerra, riconsiderato successivamente nei più recenti avvenimenti bellici, il PTSD può manifestarsi in persone di tutte le età, dai bambini agli adulti; può colpire non solo coloro che sono stati direttamente esposti alla situazione traumatica ma anche familiari, testimoni e altri individui coinvolti. Il trauma può rappresentare un avvenimento singolo ma può derivare anche da una esposizione ripetuta o continuativa nel tempo ad episodi di violenza o situazioni percepite come estremamente pericolose per la sopravvivenza. 

Secondo il manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) il PTSD può essere causato da:

  • un'esperienza diretta dell'evento traumatico
  • l'assistere ad un trauma accaduto ad altri
  • il venire a conoscenza di un evento traumatico accaduto ad un proprio caro
  • una ripetuta esposizione ai dettagli dell'evento traumatico

In psicopatologia il PTSD si caratterizza da quattro elementi fondamentali:

  • episodi intrusivi: i ricordi come flashback dell'evento traumatico irrompono in maniera vivida nella mente e vengono rivissuti intensamente a livello emotivo, come se accadessero in quel preciso istante. L'individuo sente di non avere il controllo su queste immagini e pensieri disturbanti, soprattutto quando si presentano all'interno di incubi ricorrenti. Le memorie traumatiche non vengono immagazzinate in forma logica e in maniera coerente ma attraverso frammenti sensoriali ed emotivi, con sensazioni fisiche, immagini, odori che, riaffiorando all'improvviso sollecitate da episodi apparentemente scollegati, possono ricordare alcuni elementi dell'evento traumatico. La portata del trauma e l'impatto emotivo che ha avuto nella psiche possono attivare il processo dissociativo di tipo difensivo, finalizzato a ridurre la consapevolezza di un significato emotivo impossibile da sostenere
  • evitamento: l'individuo evita in maniera sistematica qualsiai luogo, cosa o persona che possa a lui ricordare l'evento. Vengono quindi messe in atto delle strategie che permettono l'isolamento da stimoli che possano ricordare il trauma. Questa condotta comporta una notevole riduzione dell'area vitale e della qualità dell'esistenza, impoverendo la rete sociale a causa di un progressivo ritiro e andando incontro ad una perdita di interesse per attività precedentemente gradite. A causa del ritiro sociale, i soggetti post-traumatizzati possono sviluppare idee negative su se stessi, gli altri e il mondo, sentendosi emotivamente distanti, estranei e distaccati e non in grado di sperimentare emozioni positive
  • ipersensibilità e ipervigilanza: il soggetto percepisce di essere costantemente minacciato dal trauma, producendo risposte di allarme esagerate. Quando normalmente si percepisce un pericolo, entra in gioco il nervo vago che si trova nel tronco dell'encefalo. Esso segnala la sensazione di agitazione, che si tramuta in movimenti del corpo e cambiamenti negli aspetti non verbali della conversazione. Se questo non avviene, si attiva il sistema limbico, che è più primitivo, il quale predispone l'individuo a quattro tipologie di risposta allo stimolo pericoloso: attacco, fuga, congelamento e spegnimento. Nelle persone che hanno subito un trauma, la neurocezione non funziona in maniera ottimale, esse sono bloccate a causa di un ottenebramento o di una ipervigilanza sui segnali esterni, interpretati come pericolo
  • alterazione del livello di attivazione e reattività agli stimoli: a livello comportamentale, spesso si manifestano agiti autodistruttivi, irritabilità ed esplosioni di rabbia eterodirette, difficoltà di concentrazione e insonnia.

La diagnosi di PTSD, inoltre, può essere meglio specificata se presenti depersonalizzazione e derealizzazione. La prima è la sensazione di non essere a contatto con sé stessi, un senso alterato del sé e del proprio corpo, come se ci si guardasse dall'esterno. La derealizzazione invece è la sensazione di percepire il mondo come irreale e distante.

Una specifica interessante è quella relativa ai sintomi di PTSD in bambini e adolescenti: esperienze intollerabili e soverchianti che si manifestano in un individuo non ancora in grado di elaborarle da un punto di vista simbolico, possono generare paura, angoscia, senso di colpa, vergogna e altri sintomi, oltre che limitare lo sviluppo psichico e creativo. La condizione infantile è un fattore determinante perché i bambini sono sprovvisti delle risorse e capacità elaborative della mente adulta. Esse iniziano a svilupparsi a partire dal 2° anno di vita e, prima di allora, il bambino che non dispone ancora del linguaggio, assimila quanto gli accade attraverso un registro emotivo e sensoriale, non potendo confidare nella mediazione offerta dai significati e dalla loro elaborazione tramite la parola. È quindi un gravissimo errore pensare che i bambini siano protetti dal trauma perché "sono troppo piccoli per poter capire e ricordare". Lo stress post traumatico si manifesta attraverso sintomi intrusivi ad esempio:

  • nel gioco, spesso ripetitivo e denso di temi relativi al trauma
  • in ambito scolastico, con problemi nella condotta, attenzione e concentrazione
  • nel sonno, con difficoltà ad addormentarsi, insieme a incubi e risvegli notturni

Come avvicinarsi al “tempo del trauma”
Uno dei trattamenti più efficaci risulta essere la terapia psicodinamica e l'uso di un'ottica psicoanalitica. Essa consiste in un lavoro condiviso terapeuta-paziente di elaborazione e superamento delle circostanze che hanno prodotto il trauma, attraverso la possibilità di una sua ri-narrazione in tutte le sue sfaccettature. Diventa così possibile inserirlo all'interno di una continuità temporale attraverso un'esperienza trasformativa che renda possibile affrontare il trauma e fermarne la sua riattualizzazione nel presente.

Raggiungere però un cambiamento è un processo lungo e difficile che richiede di entrare in contatto e di elaborare proprio quei sentimenti dolorosi che, spesso, sono confinati e incistati in uno spazio mentale non accessibile e protetto dalla dissociazione.

È all'interno di una relazione sperimentata come rassicurante e di sostegno che è possibile ri-connettersi a questi nuclei dolorosi e traumatici; il processo varia da paziente a paziente perché intrinsecamente connesso alla sua più ampia storia personale, alla sua personalità, alle modalità di affrontare il trauma, strategie che possono aver prodotto anche sintomi diversi come ansia, caduta del tono dell'umore, evitamenti, difficoltà del sonno, panico.

Per usare le parole dello psichiatra Van der Kolk (2014) "Nessuno di noi può essere in grado di trattare una guerra, un abuso, uno stupro, una molestia o qualunque altro evento di simile portata. Ciò che è successo non può essere cancellato. Quello che si può fare, invece, è occuparsi delle tracce del trauma nel corpo, nella mente e nell'anima". In effetti, ciò che è al centro del processo di cura non è il trauma come evento in sé ma l'individuo che lo ha subito e la sua specifica risposta. Si aiuta il paziente a tornare padrone di sé, del corpo e della mente, inserendo l'esperienza dolorosa nella memoria autobiografica in modo tale da avere un inizio ed una fine, distinguendo ciò che è stato da un presente diverso e finalmente libero dall'ombra del trauma.


Dott.ssa Alessandra Roberti
Psicologa a Roma

Dott.ssa Alessandra Roberti

Sono una Psicologa clinica. Fornisco consulenze e supporto psicologico, affiancando il paziente con sensibilità e competenza.

Partita IVA 02372640447
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della regione Lazio col n.23867

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