Il pensiero magico è presente all'interno della nostra cultura sottoforma di scaramanzie, come le credenze associate alla sfortuna del venerdì 17 o le conseguenze nel passare sotto una scala, a cui seguono gesti scaramantici o propiziatori come "fare le corna, toccare ferro" o "spargere del sale". Come mai il pensiero magico è così diffuso?
L'essere umano cerca costantemente di dare una coerenza al mondo nel quale vive, che invece risulta complesso, disorientante e non lineare negli accadimenti. La mente umana cerca di fornire una prevedibilità agli eventi, spesso immaginando cause e forze nascoste,
laddove non riesce a trovare una regolarità. In tal senso, il comportamento superstizioso è un tentativo di controllare l'esito di specifici fenomeni e situazioni, come ad esempio un primo colloquio di lavoro o un esame particolarmente difficile; si sente spesso dire che si è indossato un particolare indumento o si è tenuto con sé un oggetto portafortuna perché si ritiene erroneamente che abbiano avuto la capacità di portare una buona sorte in altre occasioni. Viene quindi rilevata una corrispondenza "magica" e, nonostante le circostanze spesso sfatino queste strategie, esse vengono comunque ripetute.
In atre situazioni siamo sicuri di vedere dei volti o delle immagini per noi importanti ad esempio nelle decorazioni di alcuni pavimenti, nelle nuvole o nella disposizione casuale di una serie di oggetti. Questo comportamento permette di trovare delle prove per poter dare a se stessi delle spiegazioni rispetto ciò che non si riesce a spiegare, spesso ricorrendo all'aiuto di eventi e forze soprannaturali.
Il credere in queste forme magiche e di superstizione ha la radice nella forma di pensiero definito pre-logico. Attraverso i suoi studi sullo sviluppo cognitivo, Piaget lo ritrova nello stadio preperatorio (dai 2 ai 6-7 anni), periodo in cui i bambini costruiscono la realtà sulla base di credenze come l'animismo, il realismo e la partecipazione magica. Nel dettaglio, l'animismo è la tendenza a considerare come dotati di coscienza e intenzionalità anche oggetti inanimati (ad esempio dire “Apriti!” all'ascensore in arrivo, senza rendersi conto del funzionamento delle fotocellule). Il realismo è collegato al concetto di egocentrismo per cui per il bambino il proprio punto di vista rappresenta la centralità assoluta, non essendo in grado di prendere in cosiderazione che esistono altre prospettive; ne consegue che la realtà percettibile sia l'unica e che alla realtà soggettiva dei pensieri e delle parole vengano attribuite le stesse caratteristiche di materialità della realtà fisica. Con la partecipazione magica, il compiere un particolare gesto può influenzare il verificarsi di un evento. È evidente come non si siano ancora strutturati i principi di causalità del pensiero razionale, ma quanto invece essi si basino su rapporti di somiglianza e contiguità.
Per i bambini il pensiero magico ha una funzione :
difensiva e rassicurante nei confronti di un mondo enorme e sconosciuto, permettendo di ridimensionare il timore attraverso delle spiegazioni comprensibili
propiziatoria nella speranza di poter modificare il corso degli eventi secondo i propri desideri, attribuendo a se stessi tutto ciò che avviene, rendendo tutto più fattibile e affrontabile
conoscitiva rispetto all'ambiente dal momento che, ad esempio, la regola di camminare o saltare solo sulle linee di un pavimento a rombi perché le mattonelle “scottano”, contribuisce a riconoscere lo spazio, rendendendo più gestibili i movimenti nella stanza
Il pensiero magico nel rituale ossessivo
Abbiamo appurato che pensiero scaramantico e riti propiziatori sono dei comportamenti assai diffusi e hanno fondamento in una ragione psicologica precisa.
Ciò che permette di discriminare tra una normale scaramanzia e un rituale superstizioso del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è rappresentato dalla complessità dei rituali magici e dall'ansia associata. I rituali superstiziosi di cui si è parlato precedentemente, non vanno a compromettere la qualità della vita dell'individuo in termini di benessere e tempo, ma sono principalmente delle abitudini radicate nella cultura popolare.
Quando si parla di Disturbo Ossessivo Compulsivo, i rituali assorbono una notevole quantità di tempo, andando ad acquisire un significato che va oltre la normale scaramanzia. I rituali si manifestano con forme mentali, gesti, formule, preghiere, comportamenti che permettono alla persona di controllare e ridurre l'ansia. Alla base c'è una credenza irrazionale che in questo modo si sia in grado di influenzare gli eventi futuri a prescindere dalle relazioni causa-effetto, ritenendo che dal buon esito di tali rituali dipenda la neutralizzazione di un danno a se stessi o alle persone care. Per tale motivo vengono svolti con estrema cura e ripetuti varie volte per avere la certezza di averli portati a termine in maniera perfetta; in caso contrario, si sperimenta un forte stato di angoscia, ansia che qualcosa di sgradevole possa accadere e senso di colpa, a causa della convinzione che si sia responsabili degli esiti negativi.
Perché dunque il pensiero magico è psicologicamente rassicurante?
dà sicurezza nell'affrontare una situazione stressante perché si ha la certezza di aver compiuto qualcosa per ottenere il risultato sperato
fornisce un'illusione di controllo che permette di placare, almeno in parte, l'ansia
dà una consolazione circa l'imprevedibilità della vita perché permette di considerare gli eventi spiacevoli non voluti dal caso ma come legati da relazioni causa-effetto
fa credere di avere sempre un maggiore controllo o potere su ciò che accade nel mondo, dal momento che tutto accade per un motivo
I rituali magici sembra che permettano di ridurre la sensazione di ansia, tristezza e angoscia data dalle ossessioni, tuttavia forniscono un controllo illusorio: i rituali magici e superstiziosi possono aumentare nel tempo creando un circolo vizioso controproducente, fino a diventare totalmente illogici, perdendo un significato coerente con il sentimento di ansia sottostante.
Interrompere i rituali del pensiero magico
Il lavoro psicoanalitico si sgancia dal sintomo andando alla base del sistema per individuare il conflitto dal quale la persona cerca di difendersi. Ciò non significa che non si prendano in considerazione i rituali che tanto fanno soffrire le persone ma vengono considerati come la manifestazione di un disagio che ha radici nel profondo.
Avere un insight intellettivo attraverso la conoscenza oggettiva della situazione non basta, in quanto porta ad un rafforzamento delle difese; avere un insight emozionale ha l'efficacia di generare un cambiamento, perché permette di entrare in contatto con aspetti di sé dai quali la persona con DOC risulta alienata.
Integrare l'affettività rimossa è possibile attraverso la cura psicoanalitica e tramite la persona dell'analista, sciogliendo i nodi ossessivi e liberando le risorse imprigionate, necessarie per affrontare in maniera adeguata i propri conflitti, traendone beneficio per la vita. Il poter esprimere affetti e desideri senza la convizione di doversi vergognare o colpevolizzarsi permette di non alimentare più i meccanismi ossessivo-compulsivi, interrompendo i rituali: significa accettare il rischio che l'evento temuto possa accadere, accettare di potersi sentire in colpa, accettare di non avere il controllo.
Dott.ssa Alessandra Roberti
Psicologa a Roma
Sono una Psicologa clinica. Fornisco consulenze e supporto psicologico, affiancando il paziente con sensibilità e competenza.
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Iscritta all'Ordine degli Psicologi della regione Lazio col n.23867