“Ho sempre avuto fame di affetto, io. E mi sarebbe bastato riceverne a piene mani anche solo una volta. Abbastanza da dire: grazie, sono piena, più di così non ce la faccio. Sarebbe bastato una volta, una sola unica volta”(Norwegian Wood - Haruki Murakami)
I DCA sono disturbi severi e di lunga durata, ad una eziopatogenesi multifattoriale. Si manifestano con alterazioni circa qualità e/o quantità nell'assunzione di cibo e possono comportare gravi variazioni ponderali, che vanno dall'eccessiva magrezza al sovrappeso, fino all'obesità. Le manifestazioni psicopatologiche associate includono disturbi del sé e dell'immagine corporea, difficoltà a comprendere, modulare ed esprimere le emozioni, disturbi relativi alla propria esperienza e quella interpersonale.
I quadri alimentari disfunzionali possono mostrarsi con ampie variazioni e fluttuazioni sulla base della diversa personalità ed esperienze di vita di chi ne soffre; al giorno d'oggi, i disturbi dell'alimentazione non sono più solo appannaggio del mondo femminile, molti ragazzi e uomini ne soffrono, spesso ancorati ad un ideale di fisicità scultoreo e muscoloso (vigoressia).
In generale, i più comuni quadri alimentari patologici adulti possono essere ricondotti a tre importanti manifestazioni, anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating).
L'obesità, anche se non inclusa nella classificazione diagnostica DSM-5, ha un forte legame con i Disturbi del Comportamento Alimentare a causa della netta contiguità eziopatogenetica e clinica. Alla base sono riconducibili problematiche emotive e legate alla sfera del sé, difficoltà relazionali, legami familiari disfunzionali, che possono essere fattori di comorbilità con il binge eating.
Fin dalla vita intra-uterina il cibo acquista un valore fondamentale per il feto che sopravvive e si nutre, grazie ai pasti che la mamma assume nella sua alimentazione, attraverso il cordone ombelicale. Alla nascita, il taglio del cordone assume un valore di separazione, il nuovo nato non avrà più un legame strettamente fisico con la mamma ma, per un po' di tempo, dipenderà ancora da lei nella sua nutrizione, attraverso l'allattamento al seno.
L’alimentazione, dunque, è la base attraverso cui si declinano anche la relazione amorosa, l'accudimento e la presenza materna. L'assenza del cibo equivale all'assenza della madre e, la sua presenza/assenza, ne riflette le qualità relazionali. Con la crescita la relazione affettiva si separa dall'alimentazione ma mantiene con essa un forte legame simbolico. Questo può spiegare perché, spesso, quando una relazione diventa carente o si sperimenta un senso di solitudine, sembra che lil cibo possa sopperire a questa mancanza.
Evidenze cliniche hanno dimostrato che, deficit di accudimento, sono in grado di condurre ad una fragilità del senso di sé, sentimento di non-valore, confusione, idea di imperfezione, instabilità, immagine corporea distorta e negativa. La mancanza di uno sguardo, percepito come non raggiungibile, oppure come molto critico e svalutante, fa dubitare circa la possibilità di sentirsi amati così come si è. Le cause possono essere le più disparate, una madre assente o depressa, separazioni e lutti, ideali familiari troppo elevati e narcisisticamente inappropriati, rigidità e freddezza o, al contrario una mancanza di confini ben definiti nei ruoli e nelle funzioni in famiglia. Tutto questo già dall'infanzia esercita una forte pressione, che va ad amplificarsi al momento dell'adolescenza, in cui ci si trova a dover fare i conti con i cambiamenti legati alla pubertà; il corpo si modifica nelle forme e diventa la sede di differenti pulsioni, è necessario integrare una nuova immagine di sé e procedere lungo il difficile percorso di strutturazione di una identità. Il processo è naturalmente conflittuale e complesso ma tendente ad una risoluzione che però, in alcuni casi, rappresenta un ostacolo nell'integrare il nuovo aspetto e i cambiamenti. Si arriva al rifiuto di sé stessi e ad un ritiro sociale con disinvestimento sul mondo esterno e iperinvestimento sul corpo e sul cibo.
In un primo tempo, la restrizione alimentare o la condotta bulimica sembrano delle soluzioni ad un malessere innominabile, come la possibilità di esercitare completo controllo sul corpo, laddove il resto della vita sfugge. Il malessere interno viene attribuito al non essere abbastanza, spostato sul corpo e quindi su un piano tangibile e passibile di un controllo e di una strategia.
Lo stato depressivo di fondo legato al supposto scarso valore, debolezza, "bruttezza" viene mascherato dall'ossessività del controllo, dalla restrizione e dall'inappetenza anorresica ma anche dell'orgia bulimica; in quest'ultimo caso, la spinta di per sé vitale del mangiare si trasforma in una condotta eccessiva e mortifera che comporta, successivamente, la disperazione per la perdita di controllo e l'attuazione di condotte compensative come vomito e abuso di diuretici e lassativi.
Se in un primo momento sembra che, le antiche ferite scolpite nel corpo ma non riconosciute, abbiano i loro punti di sutura attraverso il controllo sull'alimentazione, ad un certo punto esse si riaprono con tutto il loro dolore. In questo modo, il senso di vuoto sottostante anestetizzato insieme all'appetito, torna a farsi sentire.
Il trattamento elettivo, secondo le linee guida internazionali, deve essere multi-disciplinare, ossia portato avanti da una équipe integrata, costituita da differenti figure professionali come psicoterapeuta, psichiatra, nutrizionista; essi seguiranno la persona a tutto tondo, integrando interventi di psicoterapia, psicoeducazione alimentare, terapie farmacologiche se necessarie e, in presenza di complicanze mediche, agiranno anche attraverso periodi di ricovero ospedaliero che, di certo, non riusciranno a ristabilire un adeguato peso corporeo, ma potranno scongiurare il rischio di morte, un tragico epilogo non infrequente nei casi di anoressia grave.
La psicoterapia a orientamento psicoanalitico ha, tra i suoi obiettivi, quello di non considerare unicamente il sintomo alimentare come l'aspetto disfunzionale da estinguere. La cura permetterà di dare voce al non detto, al non pensato, di rendere pensabili antichi dolori alimentati nel tempo e inconsapevolmente. Con la capacità di simbolizzazione sarà possibile risignificare esperienze e avvicinarsi, gradualmente, all'origine del dolore. Nei casi più gravi sarà utile rispettare "la soluzione anoressica" come scudo protettivo ad un corpo ed una psiche estremamente frantumabili. Attraverso la presenza, l'accoglienza e la parola, sarà possibile un lavoro di ri-strutturazione e rafforzamento del sé, e una de-strutturazione di soluzioni disfunzionali e contrarie all'evoluzione e alla vita.
Dott.ssa Alessandra Roberti
Psicologa a Roma
Sono una Psicologa clinica. Fornisco consulenze e supporto psicologico, affiancando il paziente con sensibilità e competenza.
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